Sei consigli pratici per collaborare più efficacemente
Può l'intelligenza emotiva aiutarti a collaborare? Sei consigli per migliorare l'armonia e la produttività del tuo team.1. Condividere una visione collettiva che crea un engagement emotivo
Qual è la base per un team di successo? Avere una visione collettiva. In quasi tutti i libri sulla leadership e sui team si dice che condividere un obiettivo é il primo fattore per avere performance di alto livello. Crediamo che aderire alla nostra visione di sostenere 1 miliardo di persone che praticano l’intelligenza emotiva entro il 2039 sia un obiettivo enorme che ci ispira tutti. La nostra collega, Lize, ha recentemente scherzato sul fatto che i team lavorano per un sacco di ore, anche oltre i loro obblighi contrattuali, perchè ormai sono investite emotivamente… e ha ragione! Una visione condivisa guida il nostro impegno e il nostro engagement. Ci aiuta anche a superare gli alti e bassi che scaturiscono dalla nostra personalità e dalle nostre debolezze.
2. Usare l’EQ per capire le nostre debolezze e i nostri punti di forza
È incredibilmente importante capire le nostre debolezze e i nostri punti di forza quando si tratta di collaborare e guidare un team. Non si tratta solo di autoconsapevolezza, ma anche di consapevolezza condivisa. Quando so che i miei punti di forza sono valorizzati e le mie limitazioni accettate ho il coraggio di chiedere aiuto quando ne ho bisogno e so che mi sarà dato per supportare la nostra visione comune. Questa accettazione e questa consapevolezza condivisa creano la fiducia necessaria a creare performance di alto livello.
3. Conoscere il tuo Brain Style e quello degli altri membri del tuo team
Amiamo i Brain Styles. Hanno un grande valore, soprattutto quando bisogna creare equilibrio in un team, avere un linguaggio comune per capire come lavoriamo insieme, le varie possibilità e le diverse relazioni. Per esempio, prendiamo i nostri colleghi Imran e Jayne. Jayne è un “Realizzatore”, Imran un “Visionario”. Il Brain Style di Jayne significa che é orientata ai dati razionali, é innovativa e pratica. Curioso, per una persona che lavora con l’intelligenza emotiva, essere così orientata ai risultati. Imran, invece, è orientato ai dati emotivi e un idealista, rimanendo comunque un innovatore. Entra in contatto con le persone e il quadro generale.
Jayne ha bisogno dei dati razionali e spesso ignora quelli emotivi, con un costo per lei e per gli altri. Imran glielo fa presente gentilmente. Le ricorda poi la nostra visione quando è così impegnata e focalizzata sui risultati che si dimentica di essere umana. La nostra visione è una visione di persone, non solo di cose che devono essere fatte. Vediamo quindi un grande valore nell’avere Brain Styles complementari all’interno di un team. Ma, a volte, è frustrante e le conversazioni si accendono.
Una volta un collega ha sentito Jayne e Imran discutere e, pensando che stessere litigando, si è sentito a disagio. Nessuno dei due però, ripensandoci, pensava stessero litigando, ma solo discutendo animatamente come fanno sempre, lasciando a tutti e due nuove idee su cui concentrarsi. Ma questo tipo di “minestrone” può avere luogo solo quando si conoscono e si capiscono i brain styles degli altri – e quando si sa come navigare le emozioni che questo tipo di interazione comporta.
4. Riconoscere i pattern all’interno del Team
Avere una consapevolezza condivisa ci permette di capirci meglio, di riconoscere come i nostri pattern, e i nostri pattern condivisi, possono favorire o inibire le prestazioni. Ci vengono in mente molti esempi di quando entriamo in un pattern come singoli, non necessariamente positivo, o quando ne sviluppiamo uno come team (per es. chi parla per primo e che per secondo o chi parla più a lungo e chi meno). Averne consapevolezza ci permette di parlarne apertamente. Invecchiando i nostri pattern diventano sempre più o meno radicati in base alle nostre interazioni. Essendo macchine creatrici di pattern, sviluppiamo questo comportamento anche in team.
Siamo creature abitudinarie. Così ogni volta che entriamo in una nuova situazione di “team”, in genere continuiamo ad agire allo stesso modo. Il comportamento passato è un predittore delle prestazioni future. Poiché il nostro cervello ha sviluppato un certo modo di reagire e rispondere in un team, questo è quello che facciamo sempre. Avere questa consapevolezza aiuta a capire che a volte il nostro comportamento di gruppo, proprio come i nostri schemi individuali, può inibire le prestazioni… e che abbiamo il potere di ricablare i nostri cervelli, se vogliamo creare nuovi comportamenti.
5. Aumentare l’empatia nelle situazioni di stress
Quando ci ritiriamo nei nostri Brain Styles è davvero importante aumentare l’empatia – indipendentemente dallo stile individuale. Naturalmente aumentare l’empatia è più facile per alcuni, e non così facile per altri! La nostra esperienza dei Brain Styles, e del lavoro di gruppo, è che quando siamo stressati, stanchi, affamati o fissati su questioni particolari ci ritiriamo nel nostro Brain Style – ci ritiriamo nei nostri pattern – e quando lo facciamo, in particolare quando abbiamo uno stile che si concentra su dati razionali, l’empatia è qualcosa che dobbiamo ricordare di esercitare. Se il nostro stile cerebrale è più focalizzato sui dati emotivi e cominciamo ad essere più premurosi di fronte al conflitto, potremmo anche rischiare di diventare uno zerbino da calpestare.
6. Avere un linguaggio comune
Nel 2015 Liana Bagworth è diventata Managing Partner di Dynamic Learning, l’azienda di consulenza che Jayne ha fondato nel 2003. Questo ha permesso a Jayne di concentrarsi su Six Seconds, mentre Liana ha assunto la direzione e la gestione operativa dell’azienda. Per Jayne è stato un passo importante a livello emotivo, ma avere il linguaggio comune dell’EQ e un modello comune come la Change Map di Six Seconds è stato molto utile. Entrambe hanno potuto identificare le emozioni di engagement e di resistenza. Lavorando insieme hanno provato eccitazione, curiosità e coraggio – ed era divertente avere un partner con cui condividere tutto. Ma allo stesso tempo entrambe hanno provato frustrazione, paura e si sono sentite giudicate a collaborare con qualcuno di così “diverso”.
Durante uno dei loro meeting, Jayne ha detto a Liana “Se guardiamo la Change Map, le linea rosse sono letteralmente le nostre mani che si tendono per aiutarsi tra loro”. Hanno potuto parlarne, sorridere e dire “Ah, ecco dove siamo nel processo di diventare partner”. Ha sottolineato il valore del linguaggio e dei valori condivisi nello sviluppo della loro partnership. Riflettendo su questo Jayne riconosce di aver passato sempre più tempo nel ciclo dell’impegno, provando meno emozioni di resistenza, man mano che la loro fiducia reciproca cresceva. Come si è evoluta la loro partnership, così si sono evoluti i loro team – così è interessante sperimentare le iterazioni della Change Map anche al loro interno.
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