Welfare e Collettività
oltre la Resilienza
Vorrei partire cogliendo il consiglio elargito da Daniel Goleman (1996) e prendere spunto da quanto pubblicato nella prefazione dell’edizione italiana del suo libro: “Ho scritto Emotional Intelligence in un momento in cui la società civile americana si dibatteva in una crisi profonda, caratterizzata da svariati indicatori di malessere emozionale soprattutto tra i giovani. Il mio consiglio per guarire questi mali sociali era di prestare una maggiore attenzione alla competenza sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, e di coltivare con grande impegno queste abilità”.
Ora, a distanza di diversi anni dall’uscita del libro, non possiamo fare a meno che constatare che quanto da lui preconizzato relativamente a una crisi sociale di notevole impatto e a un crescente malessere emozionale soprattutto tra giovani e bambini si è presentato con prepotenza alle nostre porte. Allo stesso tempo però, sempre secondo l’autore, la neuroscienza sulla scorta delle nuove scoperte scientifiche ci assicura che lavorare per allenare la nostra autoconsapevolezza e la propria Intelligenza Emotiva, ci aiuterà a sperare in un futuro più sereno.
Ma in che modo possiamo farlo? E soprattutto, come possiamo dare il nostro contributo sia come individui che come collettività?
L’Intelligenza Emotiva non racconta più il nostro modo di relazionarci. O quantomeno non solo. L’intelligenza Emotiva ci aiuta ad attivare piani d’azione dei quali siamo già dotati per gestire in tempo reale le emergenze in maniera intenzionale e far prosperare un futuro migliore. Anche perché, le emozioni stesse sono, essenzialmente, impulsi ad agire: in ogni messaggio che riceviamo, in ogni informazione che esse ci consegnano si “cela” un’indicazione implicita verso una tendenza ad agire.
Quindi, in risposta a queste emergenze, l’Intelligenza Emotiva può supportarci verso la creazione di un ampio sistema di welfare, di solidarietà, di aiuto reciproco partendo da noi stessi e supportando l’intera comunità in cui ci troviamo.
Come sottolineavo prima, infatti, l’EQ parte dal miglioramento delle nostre relazioni, aiutandoci a sviluppare competenze relazionali, come l’empatia e una comunicazione aperta e inclusiva. Queste competenze possono migliorare la qualità delle relazioni all’interno delle comunità, favorendo la comprensione reciproca, il sostegno e la collaborazione. Oltre a ciò, però, allenare la nostra Intelligenza Emotiva ci aiuta a gestire in modo costruttivo i conflitti, incoraggiando il dialogo aperto, la comprensione delle diverse prospettive e la ricerca di soluzioni soddisfacenti per tutte le parti coinvolte. Ci supporta nella promozione del nostro empowerment individuale, spingendo le persone a partecipare attivamente e co-creare opportunità per il benessere collettivo. Favorisce il supporto emotivo e consente di ridurre l’isolamento sociale, promuovendo un ambiente accogliente e inclusivo.
In sintesi, l’Intelligenza Emotiva svolge un ruolo fondamentale nel sostenere un sistema di supporto, sia individuale che collettivo. Perché ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento è quello di superare il concetto di resilienza: se essere resilienti consiste nella capacità di resistere alle difficoltà senza destabilizzarsi, l’antifragilità è qualcosa di più.
L’antifragilità non è solo resistenza ma anche capacità di imparare dalle avversità per far nostro il cambiamento e accettare il caos dell’imprevedibilità e dell’incertezza che stiamo vivendo. Per farlo, occorre partire da noi stessi con uno sguardo a ciò che ci circonda. Tu da cosa vuoi iniziare?
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