Abbiamo bisogno di più collaborazione, ma stiamo creando le condizioni per fare il contrario. Stiamo affrontando una maggiore complessità, ma ci stiamo predisponendo a non saperla più gestire. Abbiamo bisogno di essere più proattivi nell’innovazione, ma ci stiamo allenando per essere reattivi e chiusi. Siamo in una spirale discendente di stress e sta andando sempre peggio. Le neuroscienze attuali rendono questa sfida estremamente chiara, ma offrono anche soluzioni.
di Joshua Freedman
Perché Siamo Stressati?
Quando ci “sentiamo stressati”, il nostro cervello e il nostro corpo mettono in atto una serie di meccanismi che servono per affrontare il pericolo. Siamo pronti così a reagire alle minacce, combattendo, correndo o nascondendoci. Questo sistema biologico è molto efficace per far fronte a determinate situazioni di rischio, come quella di una tigre che ti insegue nella giungla. E non si negozia con le tigri, non si improvvisa. Se si vuole sopravvivere, si deve correre disperatamente o sperare di avere a portata di mano un enorme bastone appuntito. Adattato ai “pericoli della sopravvivenza”, il nostro corpo risponde allo stress inibendo diversi sistemi preposti a garantire la salute nel tempo (come quello immunitario, quello riproduttivo, la risposta empatica, persino il pensiero analitico), per concentrare le sue energie nei muscoli necessari al superamento di tali pericoli. Ciò significa che quando ci troviamo in questa situazione, siamo biologicamente programmati per essere meno creativi, meno compassionevoli, meno visionari. Anche se può sembrare che le tigri siano in agguato, oggi pochi di noi affrontano effettivamente questo tipo di pericolo. Ci troviamo invece di fronte ad avversità continue e persistenti di tipo relazionale, come il lavorare di più e con meno riscontro, la carenza di talenti e l’incertezza economica. In un ambiente di lavoro, le “tigri” sono spesso le persone; secondo la ricerca Workplace Vitality, oltre il 70% delle sfide nei contesti lavorativi sono proprio legate ad esse.
Stress & Innovazione: Percorriamo il Sentiero Conosciuto?
La dopamina è il sistema di ricompensa del nostro cervello. Produciamo una piccola quantità di eroina naturale, come ricompensa per aver messo in atto determinati comportamenti. Candace Pert è la neurobiologa che ha scoperto che abbiamo dei recettori per gli oppioidi anche nelle nostre aree cerebrali “razionali”. Quando ci sentiamo al sicuro, guadagniamo una ricompensa di dopamina. Nella sopravvivenza, ciò è stato utile alla nostra specie per perseguire strade conosciute e sicure.
Anche quando ci assumiamo dei rischi otteniamo una ricompensa e ciò è ci stato utile per apprendere e per crescere. Ma quando percepiamo uno stressor, il cervello ci spinge ad andare verso il sicuro. Tendiamo a ripercorrere quello che abbiamo sempre fatto. Emerge da una ricerca sullo stress dell’APA, che purtroppo nel 2020 più di tre quarti degli adulti riferiscono sintomi fisici o emotivi legati allo stress e che tale fenomeno sembra essere aumentato in modo esponenziale con il CV19. Senza sviluppare accuratamente l’intelligenza emotiva, cadiamo in questa reazione automatica, vecchia di milioni di anni. Poiché pochi di noi la imparano a scuola o sul lavoro, i risultati sono presto ben prevedibili: basta guardare i titoli delle notizie giornaliere per capire che molte persone non sono state agevolate da questa dinamica.
Ecco il circolo vizioso dello stress:
Incertezza
Circoscrizione
Isolamento
Sopraffazione
La mancanza di progresso e supporto ci lascia sopraffatti e più stressati.
Stiamo Risolvendo i Problemi più Importanti?
Questo circolo rende quasi impossibile risolvere i problemi più importanti del mondo, come gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Sfide come queste richiedono il nostro pensiero più creativo e notevoli capacità nel costruire collaborazioni. Tuttavia, non appena iniziamo a pensare a qualcosa di concreto, come la distruzione ambientale, entra in gioco lo stress e diventiamo subito meno capaci di accedere a tali capacità. In qualità di Action Partner con le Nazioni Unite, Six Seconds è impegnata nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile; l’EQ è un ingrediente importante per compiere quel “lavoro interiore” necessario per raggiungerli. Con il contributo di oltre 10 milioni di cittadini, nel 2015 le Nazioni Unite hanno condiviso gli SDG e un’agenda di ciò che bisogna intraprendere per realizzare un futuro sostenibile entro il 2030. Siamo già indietro e la spirale dello stress ne rappresenta una delle ragioni.
Sono particolarmente interessato ai 17 SDG e alla sfida di riunire prospettive divergenti. Non possiamo risolvere gli altri 16 problemi se non lavoriamo insieme, come si è visto raramente nella storia umana. Abbiamo tematiche molto complesse e che richiedono una solida collaborazione, ma lo stress sta aumentando e l’unica cosa che abbiamo PIU’ bisogno di fare, diventa così sempre piu’ difficile. Ho redatto la prima versione di questo articolo antecedentemente alla NexusEQ Harvard Emotional Intelligence Conference del 2013. In quell’articolo scrivevo che ci trovavamo di fronte ad una sfida importante dovuta al forte aumento dello stress e al declino dell’empatia, a partire dal 2000. La mia conclusione all’epoca era: “Il risultato è chiaro: se non sviluppiamo competenze migliori per gestire le difficoltà emotive, il futuro sarà cupo”. Non siamo riusciti a invertire questa tendenza e in effetti, le sfide sembrano più grandi che mai. Lo stress ha continuato a crescere. L’empatia, secondo il più grande studio al mondo sull’intelligenza emotiva, ha continuato a diminuire.
Lo Stress è aumentato.
Abbiamo grandi sfide.
Allora, come funziona nel nostro cervello?
Le Neuroscienze dello Stress: Il Tuo Cervello in Guerra
Uno effetto negativo dell’aumento dei ritmi quotidiani è un‘ulteriore escalation dello stress e la disattivazione di quelle parti del cervello di cui abbiamo più bisogno per risolvere le sfide dell’oggi. Diversi studi di brain-imaging hanno esplorato l’interazione tra le nostre funzioni cerebrali analitiche e quelle sociali; per esempio questo studio dell’Accademia Nazionale delle Scienze, propone il concetto di “reti funzionali anti-correlate”. Ciò significa che quando una serie di funzioni (una rete) viene attivata, altre vengono soppresse. La chiamiamo “focus” ed è essenziale per far fronte alle difficoltà. Ho illustrato questa ricerca in una delle mie conferenze TEDx:
Una delle reti cerebrali funzionali elabora i dati analitici: e-mail, fogli di calcolo, reports. Un’altra processa i dati emotivi: volti, tono di voce, amicizia e non. La rete cerebrale sociale e la rete cerebrale analitica sono interconnesse e lavorano insieme in modo ottimale. Nello stesso tempo però, siamo in grado di sopprimere un sistema a favore dell’altro. Ad esempio: siamo concentrati a sbrigare velocemente il lavoro su un centinaio di email, nel mentre qualcuno viene a farci una domanda. Abbiamo: “Solo un MINUTO”. La focalizzazione sul compito richiesta dalla rete cerebrale analitica, sopprime le funzioni cerebrali sociali che ci consentirebbero di relazionarci in modo appropriato con l’altro.
Ignora le Emozioni se vuoi Prendere Decisioni Errate
Nel momento in cui siamo “concentrati” sopprimiamo dei segnali, come il disagio. Per poter essere pronti ad agire, ignoriamo le nostre sensazioni. Ragionando per estremi, pensa ad un soldato in un ambiente ostile. Quando viaggiano i proiettili è normale avere paura, ma per poter funzionare occorre sopprimere tale emozione. Se si impara “troppo bene” però a smorzare le emozioni, si disattiva la loro funzione di regolazione preposta a guidare verso scelte più attente, decisioni più umane e adatte alla sopravvivenza. Sostituisci “soldato” con “dirigente”. Ora insegna a quella persona a reprimere i sentimenti che dovrebbero sorgere quando prendiamo decisioni non etiche. È facile capire come qualcuno possa decidere che è una “buona idea”, ignorare un rapporto secondo cui le acque profonde del suo pozzo rischiano di causare una distruzione ambientale senza precedenti… o che il suo fondo di investimento sta effettivamente minando la solvibilità globale. Le emozioni che ci aiutano a prestare attenzione a ciò che è importante, fanno parte del nostro sistema di regolazione: quando funzionano in modo appropriato, ci guidano nel valutare attentamente ciò che impatta su noi stessi e sugli altri. Quando non le ascoltiamo, facciamo scelte più azzardate. Le emozioni aiutano di fatto il processo decisionale. La paura è uno strumento essenziale per il cambiamento. Somma a questa consapevolezza, il fatto che continua ad aumentare l’esigenza di concentrarsi sull’analisi dei dati. Le aziende tecnologiche sono favorevoli a venderci servizi per gestire questo crescente aumento: IBM ha dichiarato: “2,5 quintilioni di byte di dati – così tanto che il 90% delle informazioni del mondo ad oggi, è stato creato solo negli ultimi due anni”. Abbiamo costruito sistemi IT incredibilmente sofisticati per gestire la complessità ed in essi investiamo tempestivamente. E che dire della “HT” – la human technology – pronta al loro uso, per creare un futuro migliore? Ebbene, stiamo vivendo una crescente complessità che ci porta a concentrarci in modo restrittivo. Stiamo altresì vivendo uno stress crescente che ci spinge verso una reattività sempre più a breve termine. Eppure i problemi che dobbiamo affrontare richiedono ancora qualcosa di diverso.
Il Nostro cervello è programmato per reagire allo stress.
Ma siamo anche predisposti a dare una risposta diversa.
Abbiamo una Reazione allo Stress – e una Risposta di Rilassamento
Se sei stato dal medico negli Stati Uniti per una questione legata allo stress (e il WebMD riporta che tre visite mediche su quattro negli Stati Uniti sono legate allo stress), allora probabilmente sei stato trattato dal dottor Herbert Benson. Ovviamente, non direttamente: potresti non aver nemmeno sentito il suo nome, ma il suo lavoro ha cambiato il modo in cui la medicina occidentale gestisce lo stress. Benson, ora professore emerito alla Harvard Medical School, è stato uno dei tanti straordinari esperti intervenuti alla conferenza NexusEQ di Six Seconds nel giugno 2013, tenutasi nel campus dell’Università di Harvard e incentrata sull’intersezione tra scienza e pratica dell’intelligenza emotiva. Egli ha condiviso i recenti risultati, secondo cui lo stress sta effettivamente influenzando il nostro stesso DNA: plasmiamo letteralmente la nostra biologia attraverso le nostre risposte. Nel 1975, il Dr. Benson ha scritto un libro straordinario intitolato The Relaxation Response, in cui ha esposto l’antidoto biomedico allo stress. Successivamente, ha fondato il Mind / Body Medical Institute ed è diventato professore alla Harvard Medical School. Se non proprio il pioniere, è stato comunque tra i pionieri nella ricerca e nella promozione dei trattamenti che integrano la mente e il corpo umano.
Stressarsi o non Stressarsi
Il lavoro di Benson si basa su un’idea semplice e potente: come abbiamo una risposta allo stress, abbiamo altrettanto anche una risposta di rilassamento. Egli ritiene che possiamo imparare ad attivare questa risposta e facilitare la mente a lasciare libero spazio alle emozioni, le quali ci aprono ciò che influenza positivamente la nostra vita. Questo è un esempio di come si può essere più intelligenti con le emozioni, un ambito della scienza in crescita, chiamato appunto “Intelligenza emotiva”.
L’Antidoto: Scaltrezza Emotiva
Da un lato, siamo programmati per reagire in un modo che probabilmente non ci aiuterà. Ciò nonostante, come hanno dimostrato Benson e altri, siamo in grado anche di apprendere risposte alternative. Questo è forse il motivo per cui l’intelligenza emotiva è oggi così importante: le crescenti difficoltà pongono in primo piano le competenze sociali ed emotive. Questo è probabilmente il motivo per cui i leader più intelligenti emotivamente, riescono a creare un valore aziendale più alto. I commercianti formati nelle competenze di intelligenza emotiva vendono più di altri (in uno studio, si rileva il 40% in più). Molte ricerche dimostrano che i bambini allenati ad esercitare le abilità emotive guadagneranno di più, sono più in salute, sono socialmente adattati e, allo stesso tempo, raggiungono risultati accademici più elevati. Peter Salovey (ora presidente della Yale University) e il suo collega John Mayer furono i primi a definire l’intelligenza emotiva con rigore scientifico. Da quel primo articolo del 1990, è emersa una pletora di ricerche sulla neurologia delle emozioni e sul loro legame con l’apprendimento, la leadership e la vita. Forse ancora più importante, è che in tutto il mondo queste scoperte scientifiche sono impiegate per migliorare la vita sul posto di lavoro, a scuola e nelle comunità. Le persone stanno apprendendo le competenze dell’intelligenza emotiva e, come dimostrano i casi di studio, in ambito business si stanno ottenendo risultati basati sull’evidenza, persino in ambienti aziendali “hardcore”.
La Prova dell’Intelligenza Emotiva
Mentre il termine “intelligenza emotiva” una volta era di sola competenza di ricercatori esoterici, è stato ora ampiamente riconosciuto, tanto che nel 2013, presso il campus dell’Università di Harvard, si è tenuta su questo tema una conferenza mondiale. Sessione dopo sessione, da tutto il mondo e in ogni settore, abbiamo visto esempi di come l’intelligenza emotiva crei effettivamente un cambiamento positivo, per bambini e famiglie, per l’ambiente, per la salute, negli affari. Successivamente, nel 2019, abbiamo tenuto la prima conferenza sull’intelligenza emotiva presso la sede delle Nazioni Unite. Anno dopo anno, stiamo facendo progressi.
In Conclusione: Possiamo Scegliere
Sì, viviamo in un mondo pericoloso. Sì, lo stress aumenta e trama contro la nostra natura migliore, rendendo ancora più difficile risolvere le crisi che ci troviamo di fronte. Eppure, c’è un antidoto a portata di mano. …E se le sfide che stiamo affrontando funzionassero davvero da catalizzatori per spingerci a crescere? …E se potessimo fornire a milioni – un miliardo – di persone le competenze dell’intelligenza emotiva … e potessimo imparare a metterle in pratica? Questo è ciò su cui sta lavorando Six Seconds.
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